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Pagina:Neera - Un romanzo, Brigola, Milano, 1877.djvu/191

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Si aperse, una sera, con Giulietta.

— Ella non crederà ma per me è un dolore acutissimo la tristezza nella quale vedo immerso mio fratello. Un giovinotto par suo che non va mai a teatri, a feste, a sollazzi dì amici, a baraonde di pranzi e di cene — mai! Sempre in casa, sui libri, sulle cause — sempre taciturno — e malcontento sa? oh! è malcontento, lo si vede, non può essere diversamente. Ma perchè fa così? Cose questo mistero? Quanto ci vuole a spiegarsi una buona volta, con me poi!... Proprio no — come fossi una bambina o una imbecille. Dica lei se non è da impazzire e da stancarsi di stare al mondo in questo modo!

— Forse, arrischiò Giulia, è il suo carattere.

— Nossignora che non è il suo carattere; non era così una volta; s’è fatto da pochi anni concentrato e grave quasi avesse lui tutti i fastidii della terra.

— Chi sa!... tornò ad arrischiare Giulia.

— E che fastidii deve avere? Cosa gli manca? Non sono qui io a servirlo, a prevenire tutti i suoi desidera, a secondare tutti i suoi gusti, a compiacerlo in tutto e per tutto? Io gli sono sorella, amica, madre, ogni cosa gli sono!

La signora Chiara si interruppe — sorrise ed anche Giulia sorrise esclamando:

— Lei sola non può tener luogo di tutto!