Pagina:Neera - Una passione, Milano, Treves, 1910.djvu/193

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severe, si distendevano ad anfiteatro accogliendo rare abitazioni collocate a molta distanza fra di loro. Non era più l’aspetto gaio e civettuolo del bacino di Como, ma veramente quella solitudine romantica descritta una volta da don Peppino.

— Siamo finalmente fuori del mondo! — esclamò Lilia correndo e battendo le mani: — Smanio di vedere il nostro rustico nido.

— Qui — disse l’uomo, arrestandosi dinanzi ad un piccolo cancello di ferro dietro al quale saliva una lunga scala erbosa tracciata nel vivo sasso, perdentesi nella massa degli alberi.

— Qui? Curiosa entrata per una villa, ma graziosissima dopo tutto. Sembra di andare in un bosco. Vedi tu qualche cosa che rassomigli ad una villa, Ippolito?

Ippolito non vedeva altro che la snella persona di lei la quale sembrava volare su per la scala; la raggiunse con un salto. Allora Lilia si pose a correre più veloce ed egli a inseguirla, finchè giunsero in cima colle guance infiammate e gli occhi scintillanti del nuovo piacere.

Un fabbricato largo e basso, non molto simmetrico ma dall’apparenza comoda e signorile, stava dinanzi a loro, coi muri di un bianco carnicino, il tetto di embrici all’antica e i fumaioli in forma di torre. Ippolito cercò istintivamente un nome sul frontone.