Pagina:Neera - Una passione, Milano, Treves, 1910.djvu/212

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— Io non posso donartene alcuno, — esclamò improvvisamente Ippolito, con una tinta di malinconia: — ma se potessi, non vorrei che fosse uno di questi gioielli privi di ispirazione e di significato. Cosa voglion dire tante pietruzze allineate simmetricamente dove solo appare la grossa somma di colui che le ha comperate? A vedere le gemme che si fabbricano ora, così volgari nel loro disprezzo dell’idea creatrice, non si può a meno di pensare che tanto varebbe infilare sopra uno spillo o cucire intorno a una catena un pacco di banconote.

Risero insieme del paragone e Lilia disse che un giorno o l’altro egli le avrebbe composto un diadema di stelle.

— Di stelle?

— Sì, quando sarai celebre.

La fronte di Ippolito si oscurò di una lieve preoccupazione per questo accenno ad un avvenire che il suo amore gli impediva di guardare in faccia.

— Io sarò fiera di te, — soggiunse Lilia gravemente.

— Mi ameresti di più se fossi celebre?

— Ti ho già amato per questo.

— Oh la mia celebrità di una notte! Vedi quanto durò.

— Ma qui c’è dell’altro, — disse Lilia appoggiandogli un dito sulla fronte.