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— Cos’è? — chiese Ippolito distrattamente.
— La biancheria della signora.
— La biancheria?
— Sì. Qui nessuno sarebbe capace di stirare queste meraviglie. La signora le manda a Milano dalla sua cameriera.
Il fatto, in se stesso molto semplice, lasciò Ippolito pensieroso. Egli aveva sempre considerata l’eleganza di Lilia come qualche cosa di indivisibile dalla bella persona, e nella sua semplicità di provinciale la aveva ammirata senza chiedere altro.
Mansa fece saltare destramente le cordicelle che tenevano chiusa la cesta e ne balzò fuori una spuma di trine percorsa da nastri celesti, il colore prediletto di Lilia, che Ippolito conosceva molto bene.
— Oh! la bella biancheria! — fece Mansa togliendo un accappatoio con tutta delicatezza e portandolo sulle braccia tese, trattenendo il respiro.
Ella aveva l’ammirazione pura. Nessun sentimento volgare intorbidava il piacere che la sua vista riceveva dagli oggetti belli.
— Anche la povera contessa, buon’anima, possedeva trine magnifiche, — mormorò allontanandosi in punta di piedi col prezioso fardello.
— È arrivata la mia cesta? — gridò Lilia