Pagina:Nietzsche - La Nascita della Tragedia.djvu/14

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xviii prefazione del traduttore


fosse, di quelle tragedie sarebbe arrivata fino a noi. Tutto ciò che nell’umanità tocca il fastigio, rimane imperituro, perché è indispensabile allo spirito umano; e non si può scordare e non si scorda di fatto; e anche il resto, che sembra cadere nell’oblio, in realtà passa interamente trasfuso e assorbito in quello che impropriamente chiamiamo istinto, e un bel giorno riprende dal fondo atavico il moto vitale, e quando è venuto in forza e potere non si sa precisameute di dove sia germinato.

E proprio questo sembra che, abbandonandosi al sogno di una musica sublime dell’Ellade, abbia presentito e abbia voluto dire il giovine provinciale della scienza; il quale però ridondava di un geniale talento, e, chiuso nel suo mondo intimo, nella sua provincia mentale, principiò col capire, che, ad onta della presunta «serenità greca», l’intera coscienza della vita, dolore-piacere, infermità-sanità, lavoro-riposo, male-bene, brutto-bello, pessimismo-ottimismo, non mancò ai greci, come non manca di fatto a nessun popolo; e non importa nulla se non è sistemata scientificamente, come, secondo la tradizione, tentò pel primo di fare Pitagora con la sua dottrina dei diastemi, ispiratagli appunto dalla similitudine del tempo e della battuta, oltre che da quello che oggi chiamiamo il «punto coronato». Ma qual era quel mondo geniale in sobbollimento, quella solitaria provincia mentale, donde il giovinotto corazzato di grecità si apparecchiava alla conquista di un dominio di verità