Pagina:Nietzsche - La Nascita della Tragedia.djvu/26

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xxx prefazione del traduttore


Solo che il giovine Nietzsche non comprese e, dato il suo punto di partenza, non poteva comprendere la vera funzione universale dell’arte. Ignorando il pensiero del Vico quale, fuori d’Italia, si sviluppa nello Hegel e quale, ritornando in Italia, è portato a compimento per opera del De Sanctis, gli manca del tutto il terreno su cui cavare dall’universale fantastico la scoperta dell’assoluta identificazione dell’arte col linguaggio, la scoperta dell’Estetica come Scienza dell’Espressione. È qui il punto che illumina tutto. Quando il Vico intese l’universale fantastico, la favola, come momento reale della «storia ideale eterna», e vide l’attività fantastica effettuarsi egualmente nei «linguaggi mutoli» (geroglifici, insegne, blasoni ecc.) e nella poesia propriamente detta e in tutte le arti e nella schiettezza primitiva di tutte le lingue, in cui originalmente le «figure» sono modi elocutorii naturali e non rettorici, egli capi perfettamente, che la fantasia, cioè la poesia, cioè l’arte, è una realtà coessenziale e immanente della vita, e non già un elemento inevitabile sì, ma inevitabile soltanto come grado di transito a un grado ulteriore più alto della vita spirituale. Così fece lo Hegel, perché incorse nell’errore di concepire la fantasia artistica come ri-

    fa, quando scrissi La Psiche Sociale: si riscontri il cap. V, I, specialmente ciò che dico intorno alla teoria di Max Müller e all’onomatopea. Allora non avevo conosciuto Benedetto Croce, né lo stesso Croce aveva ancora pubblicato l’Estetica, che risolse il problema.