Pagina:Nodier - Racconti Fantastici, 1890.djvu/77

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tano il terribile demonio della turchese. Donne contrafatte dallo sguardo ebro, serpenti rossi e violetti la cui bocca getta fuoco, lucertole che levano al disopra di un lago di fango e di sangue un viso simile a quello dell’uomo, teste appena staccate dal busto dall’ascia del soldato, ma che mi fissano con ocelli viventi e si fuggono balzando su piedi di rettili... Dopo questa notte funesta, o Lucio! notti tranquille per me non son possibili. Il letto profumato delle fanciulle non aperto che ai sogni voluttuosi, la tenda malsicura del viaggiatore che si pianta tutte le sere sotto novelle ombre; il santuario stesso dei templi è un asilo impotente contro i demoni della notte. Appena le mie pupille affaticate dalla lotta contro il sonno così temuto, si chiudono oppresse, tutti i mostri son là, come al momento in cui li ho visti scappare insieme a Smarra dal magico anello di Meroe. Corrono in cerchio intorno a me, mi stordiscono colle loro grida, mi spaventano coi loro piaceri e imbrattano le mie labbra frementi colle loro carezze d’arpia. Meroe li conduce, librata al disopra di essi, scuotendo la sua lunga capigliatura da cui spruzzano de’ raggi d’un azzurro livido. Anche ieri... ella era ben più grande che non l’abbia vista l’altre volte... erano le medesime forme e i medesimi tratti, ma sotto la loro apparenza seducente, scopriva con terrore come attraverso un velo sottile e leggero la tinta plumbea della maga e le sue membra color dello zolfo. I suoi occhi fissi e incavati erano pieni di sangue, lagrime di sangue rigavano le sue guance profonde e la sua mano stesa nello spazio lasciava impressa nell’aria medesima la traccia d’una mano di sangue. — Vieni, mi disse, sfiorandomi con un cenno del dito che m’avrebbe annientato, se m’avesse toccato; vieni a visitare l’impero ch’io do al mio sposo perchè voglio che tu conosca tutti i dominii del terrore e della disperazione. — E così dicendo ella volava davanti a me, coi piedi appena staccati dal suolo e avvicinandosi e allontanandosi alternativamente dalla tetra come la fiamma che ballonzola al disopra d’una torcia lì lì per estinguersi. Oh! come l’aspetto della via che noi divoravamo correndo era spaventevole a tutti i sensi! come la maga stessa pareva impaziente di trovarne la fine! Immagina la sepoltura dove si seppelliscono i resti degli innocenti, vittime dei loro sagrifici e tra i più imperfetti di questi avanzi non un pezzo che non abbia conservato una voce, dei gemiti e delle lagrime! Immagina dei muri mobili ed animati che si rinserrano da una parte e dall’altra davanti a te, e che abbracciano a poco a poco le tue membra colla cinta di una prigione angusta o diacciata... Il tuo seno oppresso si solleva, trasale, balza per aspirare