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Pagina:Odi di Pindaro (Romagnoli) I.djvu/121

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88 LE ODI DI PINDARO


la concedette a Senòcrate Posídone; e il serto
d’apïo dorico, a lui
mandò, che al suo crin lo stringesse,


II


Strofe

e l’uomo di cocchi maestro, fulgor d’Agrigento, onorò.
Anche lo vide, e gli diede nei giuochi di Crisa
Febo vittoria; e in Atene fulgente, partecipe ai premî
degli Erettídi famosi, non ebbe a lagnarsi
dell'abilissima destra che a tempo Nicòmaco tese,


Antistrofe

illeso spingendo il suo cocchio, le briglie allentando. Gli araldi
lui ben conobber dell’Ore, ministri di Giove
Cronio, gli Ellèni, che un giorno di lui furono ospiti. E dolci
a salutarlo levaron le voci, quand’egli
su le ginocchia cadeva d’un aurea Diva, di Nice,


Epodo

nella lor terra, che detta dagli uomini è bosco di Giove.
Qui stretti ad onore
che non morrà, d’Enesídamo furono i figli. —
Ma sconosciuti alle case
vostre, non sono, o Trasíbulo, né i lieti banchetti
risi da grazia, né gl’inni
che suonan piú dolci del miele. —