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212 LE ODI DI PINDARO




Antistrofe

«a rutilo d’oro: gli dice che guidi coloni
«sopra navigli al fecondo niliaco chiostro di Giove ».
Si susseguirono i detti cosí di Medea. Muti, immobili,
i Semidei sbigottirono, udendo il profetico spirito.
E, come quella predisse, te, Batto, beato figliuolo
di Polimnèsto, te l’ape di Delfo, con grido spontaneo
magnificò: quando tu le chiedesti se i Numi concedono
riscatto dell’aspra tua voce, tre volte


Epodo

ti salutò di Cirene fatale signore. E tuttora,
qual tra i purpurei calici nel pieno suo fior primavera,
Arcesilào, fra i rampolli ottavo virgulto germoglia.
Pito ed Apollo or concessero a lui la vittoria nei cocchi
fra tutte le genti vicine. Lui voglio alle Muse affidare
e l’aurëo vello: ché quando
i Minî passarono a Colco, piantata fu loro grandezza. —


IV


Strofe

Qual fu la causa che i lini sciogliesser? Qual rischio
con adamantini chiovi li strinse? Era fato di Pelia
che per le man’ degli Eòlidi fulgenti, o per loro indomabili
arti cadesse. E un responso un giorno gl’invia l’umbilico
della frondifera terra, che il cuore scaltrito gli aggela: