Pagina:Odi e inni.djvu/228

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202 note

che sono per voi. Io aggiungo questa ragione morale. L’Italia, io dico, commetterebbe (perciò non la commetterà!) una cattiva azione se rendesse mal per bene, se facesse ripentire i suoi figli di ciò che hanno operato con prudenza e sapienza, se frodasse le economie, se annullasse, per dir così, il testamento d’un buon povero popolo che ha pensato all’avvenire.

Per il figliuol prodigo fu ucciso il vitello grasso: sta bene: ma Gesù non dice che il padre diseredasse a dirittura il figlio savio, per arricchire quell’altro. L’Italia da questa piccola contrarietà (piccola, perchè i rimedi son tanti!) deve imparare qualcosa: deve rivestire i suoi monti, già spogliati dalla spensierata ingordigia dei possessori, se vuol da per tutto ciò che, per provvidenza, per disinteresse, per virtù dei maggiori, è qui in Val di Serchio: le acque per la sete degli uomini e dei campi, le acque per le industrie che redimeranno la nazione. Ma l’Italia non deve pensare, e già forse non pensa più (giova sperare), ad acconsentire che chi ha arato, seminato, roncato, con tante spese e fatiche e traversie e strettezze, si veda, quando è finalmente per segare il grano, toglier di mano il falcetto, e si senta dire: Mieto io!

A CIAPIN. Fu stampata una lettera del Galliano a questo suo buon amico, nella quale gli raccomandava con eroica letizia che serbasse a lui qualche bottiglia per quando venisse «in licenza»!

IL RITORNO. Questo poemetto epico-lirico, che io chiamai già, come il seguente, episodio, e anche cantata, fu musicato dal giovane egregio Riccardo Zandonai, Trentino, allievo di Pietro Mascagni. Le parti narrative erano interpretate, secondo la mia intenzione, dall’orchestra.