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264 odissea

     Questo il paese fu, questo il superbo
Tetto, in cui me per un intero mese20
Co’ modi più gentili Eolo trattava.
Di molte cose mi chiedea: di Troja,
Del navile de’ Greci, e del ritorno;
E il tutto io gli narrai di punto in punto.
Ma come, giunta del partir mio l’ora,25
Parole io mossi ad impetrar licenza,
Ei, non che dissentir, del mio viaggio
Pensier si tolse, e cura; e della pelle
Di bue novenne presentommi un otre,
Che imprigionava i tempestosi venti:30
Poichè de’ venti dispensier supremo
Fu da Giove nomato; ed a sua voglia
Stringer lor puote, o rallentare il freno.
L’otre nel fondo del naviglio avvinse
Con funicella lucida d’argento,35
Che non ne uscisse la più picciol’aura;
E sol tenne di fuori un opportuno
Zefiro, cui le navi, e i naviganti
Diede a spinger su l’onda. Eccelso dono,
Che la nostra follia volse in disastro!40
     Nove dì senza posa, e tante notti
Veleggiavamo; e già veniaci incontro
Nel decimo la patria, e omai vicini