Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/300

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libro decimo 285

Qual mai vi punge del disastro sete,
Che discendiate alla Maliarda, e vôlti545
Siate in leoni, in lupi, o in sozzi verri,
Il suo palagio a custodir dannati?
L’ospizio avrete del Ciclope, quando
Calaro i nostri nella grotta, e questo
Prode Ulisse guidavali, di cui550
Morte ai miseri fu lo stolto ardire.
     Così Euriloco; ed io la lunga spada
Cavar pensai della vagina, e il capo
Dal busto ai piè sbalzargli in su la polve,
Benchè vincol di sangue a me l’unisse.555
Ma tutti quinci riteneanmi, e quindi
Con favella gentil: Di Giove alunno,
Costui sul lido, se ti piace, in guardia
Della nave rimangasi, e alla sacra
Magion noi guida. Detto ciò, dal mare560
Meco venian, nè restò quegli indietro:
Tanto della minaccia ebbe spavento.
     Cura prendeasi Circe in questo mezzo
Degli altri, che lavati, unti, e di buone
Tuniche cinti, e di bei manti furo.565
Seduti a mensa li trovammo. Come
Si sguardaro l’un l’altro, e sul passato
Con la mente tornaro, in pianti, e in grida