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46 rotterdam.

di tela, e presentano un aspetto tra funebre e carnevalesco, che lascia in dubbio se s’abbia da dire che rattrista o che rallegra. Al primo aspetto mi venne da ridere, non parendomi possibile che quelle case fossero state fatte sul serio, e che ci potesse star dentro della gente posata. Avrei detto che passata l’occasione di non so che festa dovessero sparire, come certi edifizi di cartone dopo che si son fatti i fuochi d’artifizio.

Mentre guardavo così vagamente la strada, vidi una casa che mi fece fare un atto di stupore. Credetti d’aver preso abbaglio, la guardai meglio, guardai le case vicine, le raffrontai colla prima e fra di loro, e temetti ancora di aver le traveggole. Svoltai in fretta in una strada laterale e mi parve di vedere la stessa cosa. Infine mi persuasi che veramente non m’ingannavo, e che tutta la città era in quel modo.

Tutta la città di Rotterdam è tal quale sarebbe una città rimasta immobile nel punto che, scossa da un terremoto, stava per cadere in rovina.

Tutte le case — si possono, in una strada, contar le eccezioni sulle dita — pendono, quale più quale meno; ma la maggior parte tanto che, all’altezza del tetto, sporgono innanzi un buon braccio dalla casa vicina, che sia ritta o inclinata appena visibilmente. Ma lo strano è questo, che le case che si toccano le une con le altre, sono inclinate da diverse parti; una pende innanzi, che pare voglia precipitare; l’altra pende indietro; una s’inclina a sinistra,