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312 POESIE

     Ma molto ricco, acceso,
     Si come egli diceva,
     Di questa mia bellezza, lungo tempo
     Emmi venuto attorno
     Ben fermo, e ben costante;
     Dicalo egli se mai
     Gli occhi miei lo miraro;
     Ultimamente spinto
     Da questo desiderio
     Mi chiedeva per moglie;
     Mio padre era rivolto,
     E presto a compiacerlo, e reputava
     Fosse per mia ventura
     Un tal suo desiderio,
     E per molte ragioni
     Nol reputava a torto,
     Io gli feci contrasto, e non per altro:
     Che per soverchio amore,
     Ch’ho rinchiuso nel petto;
     Quante dure parole,
     Quante minaccie ho poscia sofferite
     Per tanta mia fermezza?
     E tutto ho sofferito
     Allegra, e volentieri,
     Che così vuole Amore,
     Or di sì fatto amore,
     È questa la mercede,
     Che sola a mezza notte
     Andare investigando io son costretta
     Le frodi, i tradimenti,
     Che contra me son fatti;
     S’alcuna donna è volta
     A pensieri amorosi,
     Certo per mio consiglio
     Non fia lenta a pentirsi,
     0 Filebo darai per alcun tempo
     A questa sfortunata
     Tanto di gioja, quanto
     Or le dai di tormento.
     Ma così passo passo io son venuta
     Al loco designato,
     Ecco il fenil d’Alfeo:
     Loco, che per dolcezza, o per miseria
     Mi sarà sempre fisso
     In mezzo la memoria,
     Or’io fra tante macchie
     Ho da cercarne alcuna,
     Ove possa appiattarini, e discoprire
     Quinci intorno ogni cosa;
     Parmi, che quel roveto
     Potrà ben ricoprirmi,
     Entrerò colà dentro; e quelle spine
     Saranno i primi frutti
     Ch’io raccolga d’amore.
     0 Gelopea se alcuno
     Mi ti richiederà, dove vivendo
     Tu fossi più meschina.
     Fa che tu gli risponda;
     Al fenile d’Alfeo.


ATTO QUINTO

SCENA PRIMA

Filebo.

Gli altri che son presi
     Nella rete d’Amore
     Usano travestirsi,
     Usano travestirsi in strani modi,
     Per agio di godere, e corre
     Comodamente i frutti
     De’ desiderj loro,
     Ed io sono condotto a travestirmi,
     E porrommi nascosto a rimirare,
     Ch’altri mi tolga e rubi
     Quanto di bene al mondo
     Ho sempre desiato
     Io ben vo’ creder certo,
     Che per addietro alcuno
     Non abbia amato, nè patito amando
     Con tanta disventura;
     I campi ond’io speravo
     Le belle spiche, hanno per me prodotto
     Solo logli, ed avene;
     Lasso, per Gelopea
     Solamente sperai,
     Che dovesse fiorire
     Il mio misero stato, ed ella ha mosso
     Una tempesta, onde s’abbatte, e schianta
     Affalto ogni radice
     Di tutta mia speranza.
     Or così vada, io vo’ cogli occhi miei
     Mirar si strana cosa,
     E poscia alcuna cosa
     Non vo’ più rimirare in questi campi,
     Ch’han potuto produrre
     Così gran tradimento.
     Anderò peregrino
     Per paesi stranieri, o ne’ deserti
     Mi viverò romito
     In mezzo delle fere,
     Che se pur son crudeli,
     Almen non san’ tradire,
     Voi monti, voi rivere,
     Della bella città, ch’ancor reina,
     Ma non già come prima, altera siede
     Di tutto il mar sopra superbo scoglio;
     Voi belle spiagge, in cui
     Son nato, e son nudrits
     Così soavemente, in mezzo a cui
     Ho pasciuto le greggie; e poi credendo
     Dirittamente esser amato, ho tanto
     Infino a qui goduto,
     Meco verrete, e sempre
     Sarete nel mio core
     Con diletta memoria.
     Ma voi dall’altra parte non vogliate
     Per mia tanta miseria
     Di me dimenticarvi;