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154 vita di alberto pisani

con un signore ed una signora attempati e dall’aria muffa.... marito e moglie senza figlioli ! I figli, e chi noi sa ? si méttono tra i genitori, tòlgono a quelli la vista della mina del tempo, anzi, li ringiovaniscono in loro. E così, su e giù per i palchi, Alberto continuò fino al vano della porla di mezzo, dai due poliziotti agli stìpiti, i propri sostegni del palchettone regio. , l)i là del quale, l’amico nostro, ripigliando J il suo viaggio attraverso le lenti, sorpassò un palco, in cui, viso a viso di un saporito vecchietto a cera da mela colla, sedea una gióvane dama, vestila di nero velluto e in «orgeretla j n n bianca increspata. Ma tosto vi ritornò. Era, la gióvane dama, castagnina di chioma, di sàngue gentile, e mòrbida siccome ncve-di-lalle ; negli occhi, azzurra e della più lìmpida àqua ; in profilo, la Vittoria di lì re scia. li Alberto le segnò tutt’intorno, col cannocchiale, (piasi una lìnea, scendendo dal fronte di lei, per la guancia rotonda ed il mento, girando verso l’orecchio > n mezzo nascosto solto ai capegli, e seguendo il gustoso contorno della spalla e del braccio fino al velluto rosso del parapetto. Poi, tirò innanzi. Ma e che ? ùccol di nuovo a lei fiso. Cerio ò, che le cose, belle di vera bellezza, sebben non comprese alla prima, lasciano desiderio di sè. Ed ella or sorrideva ; di (piai sorriso, Dio ! non già della grinza, nata allo specchio ed lisa nel mondo elegante, ma di un sorriso di quelli, che, venendo dal cuore, rimbeltempì- scono i bimbi, ed acconlènlano i poveretti. — Eh ! — saltò su a dire una voce dietro di Alberto, mentre una mano il tentava. li, sobbalzando, si volse ; come se còllo ad un furto. In verità, furava a un marito. E vide Enrico Eiorelli. uno de* suoi condiscépoli molli di un tempo e delle sue poche