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160 vita di alberto pisani

— Èccoci ! — fe’ Alberto. E sostò. — T’ho pur rotta la gloria ? — disse allegramente Fiorelli. — Non dico. — Dico io. Ma, quel ciarlone di Enrico, ti ha, se non altro, risparmiato del fiato. Va, e dormi, Gli è già ora turchina per un figliolo da bene. — E strinse la mano di Mherlo, aggiungendo: — Riposa il grande stravizzo. — Addio. — Alberto entrò ; serrò la postierla ; e, preso il suo lume, che lo stava attendendo acceso, attraversò lentamente il cortile verso la scala. La sua testa girava girava, (ili risonava l’orecchio come alla romba di una cascata «è amore oò sonno?» chicdèvasi niacliinalmen- le «oh maledetto il grillo di recarmi a teatro! Ero sì quieto, cosi contento!» E raggiunse la scala. Si mise adagio a salire ; ma, dopo un quattro o cinque gradini, riste’ e siedette su di uno, posandosi a fianco il lume. No, non era possìbile ch’egli ci fosse cascalo : era la brama di èsserci, che glielo volea far crédere. Tulle panzane, sìmili amori improvvisi, quasi colpi di schioppo ; o, per lo meno, amori apparenti, chè i veri hanno la fonie lor prima nella bellezza dell'ànima. E conoscea mò egli quella Claudia ? No. Piano col 110 ! La di lei ànima, Mherlo, l a- vea pure veduta ; essa non è, come la gente pone, invisìbile : ciò clic noi appelliamo il sembiante, Varia, la idea di un volto, che è se non lei ? Ma è poi essenziale in amore il connubio delle ànime ? Non è forse al rovescio ? E qui, se un cuore gli rispondea di sì, un altro non si stancava a negare. Quante contraddizioni ! Chi vuol ragionare ci