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180 vita di alberto pisani

allora linciato il suo più grande nemico ; nù sono fandonie, che, una delle poche volte in sua vita, sentissi in buona con se. E dormì sì serralo, lui il quale la nolte pativa la svegliaròla, da non destarsi, il dì dopo, se non se quando il sole si procurò egli stesso la pena di tirargli le orecchie. Dieci ore ! Invigiliate la confusione di Alberto ! Un bel principio, per mìo ! Vestissi di furia ; poi, caria in tàvola, penna in bocca.... Voglia, non ne mancava. Ma, tò ! dal di fuori, un maledetto rumore, un rombo. Alberto instizzì. Perche ? Il rumore era quello di un torno, uno solo; non desiderava mò egli tutta una casa dal fervente lavoro? Comùnque, si die’ a passeggiare in lungo e in largo la stanza, sbuffando ; il rombo continuava : siedelte, si turò con le mani le orecchie, le distoppò ; ancora ! Al diàvolo il torno ! Cacciato nel cassellino, uno sull’altro, libri e quaderni, scese ed uscì nella strada a vedere.... indovinate un po’ che? a vedere cosa il mondo pensasse di quelfirri- tanle rumore. Il mondo non ci pensava un bel niente. Paolino, ad esempio, seduto sur il murello clic rispondeva al laghetto, le gambe in fuori, pescava alla canna ; mentre, sullo stesso murello, un bracco, fiso alla lenza, accennava col muso ogniqualvolta un pesce abboccava. Alberlo gemette di rabbia. — Va a fare i bauli — disse improvvisamente. Riuscì, la novella, grata soltanto ai pesci. Paolino fé’ un gesto di malumore ; il bracco baubò ad Alberto.