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220 vita di alberto pisani

E la fanciulla avea uno di que’ tai visi, passavìa della tristezza, che fanno belli gii specchi, a colori e a contorno finissimo, dal naso gentilmente aquilino, e cui, gli occhi furbetti e un germe di malizioso ghi gnuzzo sul destro canto fra i labbri, davano il ino- scadello. Le manine poi, lunghe, sottili, a mezzi- guanti di filo; una, sul seno come a fermaglio, tenea raccolto uno scialletto scozzese; l’altra, stringendo un mazzoluccio di viole, scendeva lungo la gonna a mille righe di bianco e di nero. E, dall’imo di questa, usci\a la mascherina di una scarpetta, pìccola sì, da mettere il dubbio se avrebbe potuto annidare una tortora. Enrico si sentì il cuore sommosso; capì i suoi viaggi finiti; gii cadde di bocca lo scorcio di sigaro, e: — Oh il bel mazzetto! — fece. Allor la fanciulla girò la testa alla voce, infiorando un sorriso; ma, come diede nel gióvane, arrossì tutta e volse lo sguardo al mazzetto, quasi a passargli quei complimento, che, sotto il nome di lui, òrasele volto. Eppoi, lesta lesta, partì. Ed egli, dietro. IV. Chi può essere quello, che fà dieci scale per una lezione d* inglese. Pochi dì dopo « d e r 1 i n-d i n-d in! » sciami il campanello di casa Morelli; e la servetta, che corse ad aprire, vedendo un gióvane biondo, svelto, bellissimo, credè, che entrasse l'Arcàngiolo Raffaele vestito al’a moda. Ned ella gli dimandò che volea, ned egli l’espressc, chè tutti e due èrano già nella sala, alla presenza del padrone di casa. Al quale, il nuovo arrivato, fatto un inchino, chiese: — Ilo io l’onore di salutare il signor Pietro Morelli ? — Sì, per servirla — rispose l'infermo, alquanto maravigliato; e, dopo una diffidentissima pàusa si accomodi. — La servettina portò al forestiere una scranna.