Alberto nulla rispose.
Passavano presso un cafie.
Entro a pigliare un sorbetto. Vieni? —
Ma, Alberto :
Io non piglio sorbetti. Mi fan sognare di
morti.
— Questa è col mànico ! — esclamò Enrico.
Piglierai altro. Manca roba!... Xo?... Be’,
niente ; leggerai un giornale, mi farai compagnia.
Xo.... no, sono stanco, ho sonno — affollò Alberto, inlunalo. — E la una. Addìo —
e, prendendo la sdrucciolimi, si dilungò da Fio-
relli con un passo tale, che sìibilo azzoppò
la sua risposta di scusa.
— Glia’ che ti voglio ancor bene ! — gli gridò appresso Fiorelli.
Alberto era sconvolto nell'ànima. Il pensier
solo, che Claudia fosse nel medésimo cerchio
di mura dov’egli, bastava a 'fargli tremare le
vene : aggiungi, il cupo livore contro quel non
so che, dello per ora destino, che avea messo
Illirico nel brougham, cioè gli avea furalo il
suo posto, quantùnque insieme capisse, che se
le parti, com’egli bramava, fossero stale invertite, a lui — Alberto Pisani — nulla sarebbe
avvenuto. Gli allri, dàvano in mille avventure
non ne cercando ; egli, desioso di una, non ne
trovava mai. Dùnque, sospinto da una bufera
di fantasia, camminava Impetuoso ; e dovè certo
pensare, chi rincontrò, ch’ei s'affrettasse in cerca d ajuto per un che veniva od uno che andava.
E così giunse in un quartiere della città,
fuori di mano, nella contrada Moresca ; lunga
contrada, vèrgine di marciapiedi e rolaje, a suolo ineguale, ma verdeggiante e fiorita, in cui la
dimora dei signori Fabiani, disadorno casone