Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/385

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352 OOCCIE d'inchiostro sua parpaglionava lontnn lontano, forse intorno a un cartoccio di chicche, forse ai mille baràttoli e alle boccette di una bacheca di profumiere. Ma, in quella — un grattio alla porta. E la porta si schiude. Guizzane, impetuoso, Den. Egli si arresta, le narici soffianti, la guardatura bieca. Fisa Tesoretla e guàjola. Bah ! ella non si move neppure. La fantasia di lei o vola entro una mostra di cappellini, vera gabbiata di papagalli, o salterella dentro e fuor per le chicchere di un servizio lillipuziano da tè. E ciò fa montare la sènapa al naso di I)cn. Ei balza sopra una sedia faccia a faccia con Tesoretta ; sciupa l’imbottito coll’unghie, diruggina i denti. Invano! la minima non impallidisce neppure: ben in contrario, sorride ; sorride con quella stessa grazia, con quella stessa tranquillità, con cui riceve le amiche. Ma, cielo ! gli occhi del levrierino strabiliano insanguinati. Egli soffia, egli ringhia. Di colpo si slancia su Tesoretta.... Ahi ! le morde la gota. E Tesoretta cade dal seggiolone giù. E Den si getta nella finestra ; precipita, con un fracasso di vetri, in giardino. — All’arrabbiato ! all’arrabbiato ! — grida una villanella fuggendo. Buum — una schioppettala. O poveretto Den ! Ingelosir di una bàmbola !?