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Lisa 19

ni in mezzo a un’ajuola, spiccavamo maggiostrc e ciò tanto per disallegarci i denti dall’ acerbezza di non so che frutta), udimmo grida, bàtter di mano, e vidimo la nostra ragazzaglia, che sparpagliata guardava i confini del campo, córrere attnippandosi verso di noi: dinanzi a tutti, Cecco, il mio luogotenente, reggeva alto per le zampe un pollo.

Io mi rialzili di botto; ridivenni il capitano.

Insaccocciavo carta bianca sul come trattare i prigionieri pennuti e lo confesso, trovandomi alla fin dei fini, averne uno, inclinavo verso la proposta di Cecco — quella di giustiziarlo.

5e non per crudeltà, certo, mosso dal nuovo.

Ma Già intervenne.

— Guido — pregò essa dolcemente, tirandomi per la mànica — làscialo andare.... — Io ebbi un moto di stupore. In verità la domanda oltrepassava i tegoli.

— Ebbene — riappiccò Lisa, dopo una cucchiajata di silenzio — non uccìderlo almeno.

Portiamolo a babbo, Guidelia. — Io rimasi intradùe. Guardài la bambina, fissai gli occhi sul malcapitato, mi grattài la nuca.

... ma.... Ma dirle di no, non potevo.

— Sia — sospirài. — Portiamolo a babbo. — Lisa balzò di gioja e mi mandò per l’aria un bacetto. De’ miei guerrieri èbbevi tali che applaudirono, tali che grugnàrono.

— Silenzio! — comandài. — In fila. — La fanciullaja si ordinò — nè più disse motto.

Pesche! ella covava una ladra paura (pensavo in quel tempo) per certe mie pistole di latta che recavo alla cìntola; adesso invece, lo giurerei, pei quarti d’ora che ai disobbedienti facevo contare, oltre generosi cazzotti, dietro alla ramata di una moscajuola od al graticcio di un i capponaja; poi, banda in testa (la nostra