Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/87

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56 l’altrieri

V.

In poche parole, buoni, i mièi nuovi compagni lo erano Mio là — slavo per méttere tutti, il clic sarebbe sialo bugìa. Tulli non lo èrano, buoni: ci avèa uno uno solo, pera Uro; quel Daniele Izar ch’or mi storceva la lingua , il quale clava la volla alla non calliva bolligli.». Se adesso poi io vi presenlo cpieslo Daniele come un marmocchio costruito coi gomiti, con un viso da tromba, non crediate già che lo faccia per convenzione, per ciucila brutta ruffiana che l’imbaslisce in quattro agugliati* un lavoro e che qui scrive : tiranno moda antica peloso più d’ima còlica, occhi injcttali di sangue, sia guercio e zoppichi — oppure — tiranno moda odierna il « Falconiere » di Tranquillo Cremona — no, è puramente perchè vìi rispettata l’istoria. F infatti — a voi. L’avreste avuto forse per bello, per simpàtico, un coso con due grosse e corte gambe*, con mani larghe al par di guanti da scherma ; che vi mostrava una faccia vizza, quadrala, lentiginosa, il color rosso di cui si agglomerava ne’ mille bilorzoletli di un naso schiacciato e la cui bocca mangiava (piasi »li orecchi? un fanciullo che, conoscendosi rie«o. andava sopra di sè, incarnatilo, arrogante ? Sì -il — Allora vi tolgo il saluto. « » F, non miglior della crosta, il pasticcio. Vizi ve ne sono molti, ma alcuni non ribàttano allatto ; a 1110' d’esempio, la superbia. I:i prodigalità.... Ebbene, quelli di Daniele èrano invece i più bassi, i più schifosi, come la vendetta, l’avarizia, l'invidia.