Pagina:Opere (Dossi) II.djvu/21

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xvi interludio

quel Gigi, che era sempre desiderato e ben venuto anche quando, come il Dossi ricorda1, l’attesa, troppo lunga sempre, seppure brevissima, mutava in cipiglio il sorriso.

Non è a dire con ciò che il Dossi vedesse falso e di maniera quando vedeva male. Di male abbonda pur troppo, intenzionale e reale, l’animale umano, isolato e sociale, e troppe di quelle donne e di quegli uomini che egli ha dipinto nella Desinenza in a.... e nei Ritratti non meritavano pittore più mite: poiché in fondo alla fantasia dello scrittore era sempre l’originale vivente, e oggi ancora vi è qualcuno che potrebbe in testa a quei ritratti affiggere un nome. Ma così è anche delle persone, delle cose, dei fatti buoni, che questo volume presenta.

Ed è perciò che da tutta l’espressione letteraria dello scrittore esce l’insegnamento di una parola che non dovrebbe essere più soltanto divina, ma divenire la conquista della umanità rinnovata dallo insegnamento della scienza e dal culto della bellezza: la parola indulgenza. E, se nei libri del Dossi essa si fa tanto eloquente, è appunto perchè anche Alberto Pisani — e chi no, pure fra i santi? — ne ha avuto nella vita bisogno.

Ma dinanzi a queste opere essa è parola oziosa pel lettore e pel critico; quanto è avvenuto subito dopo la pubblicazione del primo volume lo prova: oggi non lo si ammira, infatti, soltanto; assai più: lo si ama.

Primo Levi l’Italico.

  1. Vedi Etichetta al Campionario, Vol. I, Preludio.