Pagina:Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu/313

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poesie. 295

Ciascuno del compagno era parente,
     Se non era parente gli era amico;,
     120Se non amico almanco conoscente.
Credi pur che la sta com’i’ ti dico,
     Che il vestir panni, e simil fantasie,
     123Son tutte quante invenzion del nemico;
Come fu quella dell’artiglierie,
     E delle streghe, e dello spiritare,
     126E degli altri incantesimi e malíe.
Un’altra cosa mi fa strabiliare,
     E sto per dirti quasi ch’i’ c’impazzo,
     129Nè so trovar come la possa stare:
Ed è, che se qualcun per suo solazzo,
     Sendo ingegnoso e alto di cervello,
     132Talor va ignudo, e’ dicon ch’egli è pazzo:
I ragazzi gli gridan: vello, vello;
     Chi gli fa pulce secche e chi lo morde,
     135Traggongli sassi e fannogli il bordello.
Altri lo vuol legar con delle corde,
     Come se l’uomo fosse una vitella:
     138Guarda se le persone son balorde!
E se tu credi che questa sia bella,
     E’ bisogna che in cielo al parer mio,
     141Regni qualche pianeto o qualche stella.
Però se vuol così Domeneddio,
     Che finalmente può far ciò che vuole,
     144I’ son contento andar vestito anch’io.
E non ci starò a fare altre parole,
     Andrommene anch’io dietro a questa voga;
     147Ma Dio sa lui se me n’incresce e duole.
Ma ch’io sia per voler portar la Toga,
     Come s’io fussi qualche Fariseo,
     150O Rabbi, o Scriba o Archisinagoga,