Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/212

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204 timone.

filosofo Anassagora, il quale persuadeva ai suoi discepoli che noi siam niente noi altri iddii. Lo sfallii, che Pericle gli parò il colpo con la mano, e la folgore battendo nel tempio de’ Dioscuri, lo bruciò, e per poco la non ruppesi su la pietra. Ma per ora basti loro il castigo di veder Timone straricco più di prima.

Mercurio. Ve’ che vuol dire il gridar forte, e l’esser importuno ed ardito! Ei giova non sol nel piatire, ma nel pregare. Ecco qui Timone di poverissimo tornerà gran ricco, perchè ha pregato e strillato con male parole, ed ha fatto voltar Giove. Se zappava zitto e curvo, zapperebbe ancora, e nessuno gli avria badato.

Pluto. Io non voglio tornar da colui, o Giove.

Giove. E perchè no, o buon Pluto, quando io te lo comando?

Pluto. Perchè m’ha offeso troppo, m’ha gettato, m’ha sparnicciato, e quantunque amico di suo padre, m’ha scacciato di casa quasi con la forca; gli pareva di aver fuoco nelle mani. Ritornarci ora per esser dato a parassiti, ad adulatori, a cortigiane? Mandami a quelli, o Giove, che sentono il valore del dono, e mi custodiscono come cosa preziosa e desiderabile. Questi scialacquatori restino sempre poveri, chè lo vogliono; e con un cencio indosso e con la zappa in mano, stentino la vita a quattro oboli il giorno, giacchè spensieratamente han dato fondo a un dono di dieci talenti.

Giove. Timone non te lo farà più. La zappa lo ha bene ammaestrato, s’ei non si sente affatto dirotti i fianchi, che tu sei migliore della povertà. Ma tu mi pari sempre malcontento: ora accusi Timone che ti apriva le porte, ti lasciava andar libero, non ti chiudeva, non t’aveva caro: e un tempo dicevi il contrario, t’arrovellavi contro i ricchi che ti chiudono con chiavi, chiavistelli e suggelli, senza lasciarti fare un po’ di capolino e vedere la luce. Te ne sei lamentato con me: m’hai detto che ti sentivi affogare nel buio; che però eri così giallo e sparuto, e che pel continuo contare t’eran rimaste rattratte le dita, e minacciavi che vedendo il bello, te l’avresti svignata. Ti pareva insopportabile a stare in una camera di bronzo come Danae, con due fiere streghe per balie, l’Usura e l’Aritmetica. Dicevi che costoro erano sciocchi ad amarti tanto e non