Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli VI.djvu/108

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tochè gli Spagnuoli non siano in modo tratti di Lombardia, che non vi possano tornare. Mi pare vedere l’Imperatore, veggendosi mancare sotto il re, fare gran proferte al papa, le quali doveriano trovare gli orecchi vostri turati, quando vi ricordiate de’ mali sopportati, et delle minacce che per lo addietro vi sono state fatte, et ricordatevi che il duca di Sessa andava dicendo, quod pontifex sero Caesarem ceperat timere; ora io so ha ricondotto le cose in termine, che il Papa è a tempo a tenerlo, quando questo tempo non si lasci perdere. Voi sapete quante occasioni si sono perdute: non perdete questa né confidate più nello starvi, rimettendovi alla Fortuna et al tempo, perché con il tempo non vengono sempre quelle medesime cose, né la Fortuna è sempre quella medesima. Io direi più oltre, se io parlassi con huomo che non intendesse i segreti o non conoscesse il mondo. Liberate diuturna cura Italiam, extirpate has immanes belluas, quae hominis, preter faciem et vocem, nichil habent.

Quì si è pensato, andando la fortificazione innanzi, che io facci l’ufizio del Provveditore, e del Cancelliere, e mi faccia aiutare da un mio figliolo, e Daniello de’ Ricci tenga i danari e tutte le scritture.

A dì 17. di Maggio 1526.

Niccolò Machiavelli.



XXXVI.


A NICCOLÒ MACHIAVELLI.


NIccolò carissimo, avrete visto per la pubblicazione del Magistrato, che a quest’ora debbe essere fatta, che il dubbio che voi avevi costì, di che mi scrivete per la vostra de’ 17. era vano perchè nostro Signore è del medesimo pensiero, nè per raffreddarsene a giudizio mio; e lo scambio che gli ha ordinato per An-


tonio