Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/387

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dunque codesta occasione l’Imperadore fece demolire l’una e l’altra, onde dei difetti antichi non rimanesse traccia; e quella che è nell’Anaplo, edificò di questa maniera. L’interna porzione di quel lido lastricò tutta con pietre. A guarnitura del porto, e sul littorale, fece un faro; essendo ivi il mare placidissimo, e dando tutta la desiderabile opportunità pel commercio colla terra: così potendo coll’approdare a quello spalto quelli che dalla via di mare conducevano merci, cambiarle con que’ mercanti ch’erano in terra. Di là da quel faro, piantato sul lido, d’innanzi al tempio s’alza un atrio, i cui marmi da una banda rappresentano coi loro colori varie frutta, e dall’altra ricordano le nevi. Coloro che ivi passeggiano, godono dolcemente del bell’effetto, che quella splendida eleganza produce, ed insieme dell’aspetto del mare: si ricreano inoltre colle aurette che ordinariamente spirano dal mare che trapassa, e dalle colline. La fabbrica è cinta tutta in giro da un porticato, che termina al lato orientale della medesima; e in mezzo sorge il tempio, vario pe’ marmi di mille colori, e coperto di altissimo tetto. E chi può degnamente dire delle gallerie pensili, degl’interni recessi, dello splendore gratissimo de’ marmi onde sono investite le pareti, e lastricato il pavimento? Aggiungi la immensa quantità dell’oro dappertutto diffuso, sì che pare congenito alle materie, alle quali è appiccato. Narrando queste cose vengo ad avere anche descritto il tempio, che poco innanzi Giustiniano Augusto eresse nell’Ebdomo a Giovanni Battista: perciocchè queste due chiese, somigliantissime entrambe, in questo solo sono