Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/148

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128 GUERRE PERSIANE

avviso, non consente di esaminare se dicevol sia a donna l’aringare tra voi, e proporre generosi consigli ad animi dati in preda al timore. Giunti però all’estremo de’ mali ognuno è in obbligo di riparare, per quanto si può, ai comuni bisogni. Io adunque credo fermamente che apporteremmo fuggendo grave danno alle cose nostre, avvegnachè fossimo più che certi di trovare salvezza. Chi ha ricevuto il bene della vita, lo ebbe a condizion di renderlo; ma chi giunse una volta al trono, è mestieri che il perda rinunziando alla vita con esso. Dio poi non voglia che io spogli giammai questa porpora, o che apparisca in pubblico senza udirmi salutare imperatrice. Se tu, o Cesare, brami salvarti, a tuo bell’agio il puoi, avendo pronti e danari, e mare, e vascelli; guardati bene però di non abbandonare insiem colla reggia la vita: quanto a me approvo grandemente l’antico detto: L’imperio è un magnifico sepolcro». Le parole di Teodora animarono per guisa il coraggio là entro che tutti diedersi a studiare, in caso di assalto, ogni misura di resistenza; arroge che il numero maggior delle truppe, compresavi l’imperial guardia, amava ben poco l’imperatore, e non dichiarossi per lui che veduto il felice termine della ribellione.

VIII. Giustiniano allora pose ogni speranza in Belisario ed in Mundo, il primo de’ quali era tornato di

    una eccellente figura, ma è lontanissima dal riferire la bellezza dell’Augusta, perciocchè artifizio umano non può gli avvenenti tratti di lei nè dichiarare con parole, nè in simulacro esprimere».