Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/246

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224 GUERRE PERSIANE

i Saraceni, valentissima truppa, al di là del Tigri 1; Recitanco e Teottisto impazienti del partir loro, ad ogni tratto paventando Alamandaro in mezzo alla Fenicia, e le costei terre in preda a stragi e saccheggi: cotanto il numero de’ malati da sommare gli atti alle armi assai meno che non i servi ed i bagaglioni. Sendo pertanto così le nostre bisogna se il nemico venisse qui o tra via ad attaccarci forse non rimarrebbevi uom di noi che narrasse in Dara la riportata sconfitta; non so quindi nullamente immaginarmi, come potremmo, volendo, guadagnar terreno, e giudico follia somma il pensare, circondati da tanti pericoli, a sorprendere altrui anzichè evitarne lo scontro». Commendarono tutti Giovanni di questo suo parlare, e levatisi in tumulto domandavano il ritorno. Belisario allora, fatti precedere sopra carra gl’infermi, condusse indietro l’esercito, e calcati i romani confini riseppe il tradimento d’Areta, che tuttavia, in grazia di sua lontananza, non soggiacque a pronta condanna; di tal guisa ebbero fine le scorrerie de’ Romani2.

VII. Dopo la conquista di Pietra3, divulgatasi

  1. V. cap. 19.
  2. «Ed è poi certo che se da principio con tutto l’esercito Belisario passato avesse il Tigri, egli tutta la provincia degli Assiri avrebbe potuto mettere a sacco e senza impedimento giungere sino a Ctesifonte: così prima di ritirarsi liberando e gli Antiocheni, e quanti Romani erano prigionieri. Diversamente facendo diede comodo a Cosroe di ritornare in tutta sicurezza nel suo regno dalla spedizione che fatta avea nella Colchide» (Storia Segreta, cap. 5).
  3. V. cap. 17 di questo libro.