Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/276

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254 GUERRE PERSIANE

i quali tennerlo a bada con lusinghieri discorsi, mentendo brama di pace sinchè videro compiuto l’inoltrato lavoro. Nè, ad ascoltarli, dar sì potea altri più disposto del re loro alla concordia, ma d’un sentimento diametralmente contrario incolpavano Giustiniano, ed a pruova adducevanne che Belisario, di gran lunga maggiore di Martino in potenza e dignità, era bensì riuscito nell’indurre Cosroe a ritirarsi dalle terre romane1 colla promessa d’inviargli ambasceria per venire agli accordi, essergli però, di sua confessione, mancate le forze a piegare l’animo dell’imperatore, e con esse mancati i mezzi di adempiere alcuno degli obblighi contratti.

CAPO XXVI.

Il cavaliere minato ed arso dai Romani. — Due assalti colla peggio delle truppe reali. — Colloquio di pace senza effetto. — Mura di Edessa combattute indarno; accordi.

I. Tra questo mezzo il presidio scavò entro le mura una fossa, dalla quale un sotterraneo cuniculo metter dovea sino al centro dell’inalzato cavaliere, per indi appiccarvi grandissimo fuoco, e di tal foggia rovinarne tutta la mole; quando il nemico accortosene al rumore de’ minatori si pose anch’egli ad approfondarne le parti laterali sperando incogliervi i Romani; questi però avutone sentore desisterono subito dall’impresa, ritu-

  1. V. cap. 21 di questo libro.