Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/372

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346 GUERRE VANDALICHE

dove l’occhio scorge a breve distanza il monte Etna1. Una sì lenta navigazione corruppe nelle navi tutta l’acqua meno quella destinata per la mensa di Belisario e de’ suoi convitati, essendo la moglie di lui Antonina riuscita a conservarla entro anfore di vetro sepolte in cassoni pieni di arena, e collocate nell’ima parte della nave, acciocchè il sole mai giugnesse a penetrarvi.

    alla nuova sposa per anacaliptri (paraferna) quest’isola . . . Gli scrittori delle antiche narrazioni dicono che la Sicilia una volta era un Chersoneso, o vogliam dire penisola, e che poi diventò un’isola» (Diodoro Sic., lib. v, o sia Insulare, trad. del cav. Compagnoni). Plinio è della medesima opinione. Strabone dopo aver esposto a un di presso nell’egual modo la figura di quest’isola aggiunge: «Il tragitto dal Lilibeo alla Libia più breve di tutti e di mille e cinquecento stadj. Laonde si dice che un tale d’acutissima vista (Strabone anch’egli nomato) annunziò dalla sua vedetta ai Cartaginesi assediati in Lilibeo il numero delle barche che uscivano di Cartagine» (lib. vi, trad. di F. Ambrosoli). Tucidide scrisse che «quest’isola si estende in circuito a quel tratto che può fare in otto giorni una nave da carico; e in tanta grandezza venti soli stadj di mare son quelli, i quali le impediscono di congiungersi alla terra ferma.» (Guerre del Pelop., lib. vi, trad. del cav. Manzi).

  1. Questo cratere è distante da Catania ottanta stadj, e le sue lave corrono a pochi passi da quella città. Intorno ad esse ed al nome Etna V. Str., lib. vi.