Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/439

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LIBRO SECONDO 415

Papua e di sagramentargli a suo nome e la domandata salvezza e l’adempimento presso l’imperatore delle cose indicategli da Faras; il quale, giunti costoro, accompagnolli vicino alle radici del monte, dove arrivato il re si fecero gli accordi: scioltasi quindi l’adunanza con piena soddisfazione del Vandalo tutti insiememente calcarono la via di Cartagine. Belisario abitava in allora un borgo della città nomato Ela, e quivi accolse il prigioniero che vennegli innanzi con ridente volto; maravigliandone i Romani, chi di essi interpetrava quel riso parto di follia cagionata da grave cordoglio, e chi attribuivalo ad una elevatezza straordinaria di mente, come che egli (di regia prosapia e da’ principi del viver suo fino agli estremi potentissimo e ricchissimo, di poi fuggiasco tra mille timori, e ridotto pe’ tanti disagj sul Papua ad assoggettarsi alla schiavitù degli imperiali) riandato ad un tratto il quadro di tutti i beni ed i mali avuti dalla fortuna, volesse col proprio esempio mostrare il niun conto da farsi delle umane vicende riputandole meritevoli di grandissimo riso; ma delle esposte sentenze giudichi ognuno a suo piacimento. Belisario di poi scrive a Giustiniano il prospero successo della guerra, la prigionia del re in Cartagine, ed il suo desiderio di menarlo seco in Bizanzio; intrattanto orrevolmente custodisce que’ barbari, ed appresta le navi.

IV. Ma siami or lecito di filosofare un istante sulle cose di qua giù; essendo che l’uomo debba sempre virilmente comportare le traversie, e sperare sinché il fato avrallo in sua balìa sorte migliore, nella persua-