Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/46

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26 GUERRE PERSIANE

nel colmo del verno. E gli abitatori di lei, avvegnachè sorpresi in una profondissima pace e sprovveduti di truppa e di vittuaglia, risolverono tentare nondimeno la sorte delle armi, preparandosi contra la universale espettazione ad una ostinata difesa. Aveavi poi tra la gente siriaca un Giacomo di rara virtù, il quale tutto dedito alle sante cose, per vie meglio formarne l’unico oggetto di sua occupazione, erasi da lunga pezza appartato in un borghicciuolo su quel degli Endileni, ed una lega appena lontano dalla città d’Amida. Ove i costei cittadini, desiderosi che non fosse disturbato del suo commendevole divisamento, aveangli eretto all’intorno dell’eremo una maniera di palancato, i cui stecconi messi tra loro a qualche distanza lasciavan sufficiente spazio da non impedirne la vista e la favella a chi bramasse colà visitarlo, ed avevanne parimente coperto di tetto l’abitazione affinchè si stesse riparato dalle piogge, dalle nevi, e da ogni altra intemperie:

    voce Kara (Kara-Amid) in grazia delle sue mura composte di pietre nere; impertanto essendo fondata nel Diarbeck spessissimo è detta Diarbeckir. Avvegnachè poi avanti il quarto secolo nulla si possa con certezza stabilire di lei, giova tuttavia rammentare che Strabone e Plinio parlano d’una città reale, posta dall’uno nella Sofene e dall’altro sul Tigri, nomata da entrambi Carcathiocerta; laonde parrebbe non al tutto priva di fondamento la congettura che in antico fossele data questa denominazione, osservando che una tal desinenza significa luogo munito, e che per essere comune ad altre città di frontiera indica l’esatta posizione d’Amida. Ora essa, già baluardo del greco imperio, e residenza, sotto quello turco, d’un Beglerbeg.