Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/68

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48 GUERRE PERSIANE

verso la proposta adozione così ne parlò: «Io non ebbi mai a costume di consentire a novità, paventando sommamente pericoli o insidie in esse, come pur temo nel caso nostro. Imperciocchè sembrami veder noi tutti qui ragunati all’uopo di rinunziare con qualche onesta apparenza la nostra repubblica a’ Persiani. I quali non in segreto, nè con palliamento di sorta, ma chiaro appalesano l’intenzion loro, e con manifesto inganno chiamando comune vantaggio un proprio ed inetto desiderio, cercano da sfacciati a noi togliere la sovranità. È quindi mestieri ch’entrambi voi poderosissimamente rigettiate l’inchiesta del barbaro: a te il dico, o Giustino, acciò non sii l’ultimo de’ romani imperatori; ed a te, o Giustiniano duce, perchè non ponga tu stesso impedimento alla tua successione al trono. Havvi pur troppo di tali furberie, che appresentate sotto di onesta specie possono per avventura abbisognare appo alcuni d’esposizione; quest’ambasceria però all’imperator dei Romani fin dal suo esordio chiede l’adozione di Cosroe, qual egli siasi, onde fornirgli un diritto alla successione dell’imperio: tanto è mio parere doversi argomentare dall’avanzata domanda. Ma vuole natura che i figli posseggano l’eredità paterna, e le stesse leggi che per riguardo alle altre costumanze differiscono assai tra loro, e ben anche trovansi di sovente in piena contraddizione, secondo la indole de’ varii popoli, concordano tuttavia per ogni dove nel riconoscere diritto della prole la successione ai beni paterni.