Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/201

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LIBRO SECONDO 191

s’introdussero a un colpo nella città, lasciandogli appena, tanta era la foga dell’inseguire, il tempo di chiudere le porte. Al ritirarsi de’ barbari Fidelio, andato in un tempio ad orare, si rimaneva indietro; laonde intrapreso poscia a correre di tutta carriera, il cavallo inginocchiatoglisi precipitosamente lo balzò giù d’arcione. Alla qual vista i Gotti, caduto essendo vicino alle mura, usciti della città gli diedero morte all’insaputa affatto degli imperiali; ma venuti non guari dopo in cognizione essi e Mundila della triste fine di lui, ne piansero amaramente, e di là giunti a Milano rendonsene padroni con tutta la Liguria non trovandovi resistenza di sorta.

IV. Vitige, uditone, vi spedisce un grande esercito sotto gli ordini di Uraia, figlio di sua sorella, avendo ottenuto di que’ tempi dieci mila ausiliarj da Teudeberto re dei Franchi, gente franca non già, ma burgunzia1, non volendo costui almeno apparentemente mostrarsi ingiurioso verso di Augusto, e però i prefati aiuti fingevano marciare anzi di propria volontà ed elezione che indottivi da reale comando. I Gotti adunque pigliatili in lor compagnia all’imprevista de’ Romani arrivano a Milano, e formate le trincee cingonne d’assedio le mura; laonde il presidio, mancatogli affatto il tempo di provvedere a sua vita, cominciò subito a patire d’annona. Nè eranvi tampoco sufficienti militi alla custodia, avendo il duce Mundila occupato le forti città vicine, quali Bergamo, Como, Novari2 con altri castelli, e collo-

  1. Borgognoni.
  2. Novara.