Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/29

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LIBRO PRIMO 21

tarne, condotte a felice termine, gloria e premio; ed in fè mia qual altro bene, o imperatore, è si apprezzato dall’uomo come il soggiogare i proprj nemici? Su di noi per lo contrario ne ricadde non mediocre danno, esclusi, in opposizione alle leggi della guerra, dal partecipare al bottino, e di presente spogliati del nostro dominio sopra Lilibeo, scoglio per verità da farne pochissimo conto, ma che impertanto se fosse stato da prima in tuo potere, lo avresti per lo meno dovuto ora cedere ad Atalarico, qual guiderdone dell’essersi per te adoperato in cose di gravissimo rilievo.» La regina pubblicamente in tal foggia rispondeva a Giustiniano, scrivendogli poi di soppiatto che farebbelo padrone dell’intiera Italia.

IV. Tornati gli ambasciatori in Bizanzio Alessandro consegna all’imperatore il foglio avuto ascosamente dalla regina, e Demetrio ed Ipazio gli riferiscono i discorsi tenuti loro da Teodato, dichiarando ch’agevol era a costui l’adempiere alla promessa mercè della somma autorità sua nella Toscana, possedendone la parte maggiore. Lietissimo Giustiniano di tutte queste cose manda subito in Italia Pietro da Tessalonica nell’Illiria, protettore 1 in Bizanzio, e personaggio di

  1. Di questo personaggio chiarissimo parla Teod. nell’epistola all’imperatore Giustiniano (Cass. lib. IX, Variarum ec.); Stefano Bizantino alla V. Ακόναι, e Vigilio papa nella sua lettera enciclica alla chiesa universale. Vedi i frammenti della sua Istoria nel Vol. III degli Storici minori pubblicati in questa Collana.