Pagina:Opere scelte di Ugo Foscolo I.djvu/196

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Tale si è lo stupendo magistero, col quale Dante mischia le realtà di natura cogli accessorii ideali, che ti crea nell’animo un’illusione, cui posteriori considerazioni non più giungono a dissipare. Tutta quella grazia e bellezza, quel calore e quel raggio d’amore, quella vivacità e letizia di gioventù, quella santa modestia di una vergine, che osserviamo, sebbene separate e miste a difetti in per-


    non v’entrava, giunto ad un fiumicello, ristette co’ piè, e passò cogli occhi in una fresca landa tutta sparsa di fiori diversi, dove gli apparve una giovine donna, che ne andava trascegliendo i più gai, per intrecciarsene una sua ghirlanda, e ad un tempo soavemente cantava; ma a tanta distanza, che egli pregala le venga in voglia di trarsi avanti, così che possa intendere che ella canti (e nota qui vaghezza di esprimere e la delicata apprensione di turbare quello innocenti gioie di paradiso, e il desiderio, che la spontaneità dell’atto conservi alla donna tutta la mollezza delle grazie native); e la bella donna, lentamente carolando, e mettendo piede innanzi piede, tanto gli si accosta, che il dolce suono viene all’orecchio di Dante co’ suoi intendimenti. Virgilio avea già usato lo stesso accorgimento. Dipingendo i due serpenti, che da Tenedo vengono su pel mare verso il lido, ti fa veder prima i corpi immani, poi i petti sollevati sui flutti, poi le creste sanguigne, poi le immense terga sinuose, poi odi il suono dello sbattuto flutto, e ne vedi la spuma; e nella fine rimiri gli occhi ardenti e suffusi di sangue e di foco, e il vibrar delle lingue, che lambiscono le atre bocche, e feriscono l’orecchio coll’orrendo zufolare: cd ecco tutte le gradazioni della prospettiva poetica.