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XLV.
Ho capo e corpo e coda com’un pesce,
Ma nel corpo ho un occhio riturato;
E cieco il fatto mio far mi riesce,
E non son buono a nulla illuminato.
Il martello.
XLVI.
Non sono uccello, e volo come lui;
E uccello in qualche parte un tratto fui.
La saetta dell'arco.
XLVII.
Ho la vita dal cielo;
Il ben comune a tutti in seno io celo,
E ho virtù di far fuoco col gielo.
Il mantice.
XLVIII.
In quell’ora ch’io nacqui
La casa appunto mi si fabbricò,
Sotto cui morta giacqui
Quand’ella rovinò:
Poi, messa nella fossa,
Lacere mi fur l’ossa - a farne unguento
Per unger chi di fuori e chi di drento.
La noce.
XLIX.
Già seppellito il padre,
E la misera madre
Abbattuta sul suolo,
Ho vita dal figliuolo.
Il villano ricoglitore.
L.
Io porto sempre una gran scala addosso,
Ma senza adoperarla, in alto ascendo;
E senza piedi ogni erto cammin prendo
(Gran cosa!), e ho le polpe dentro all’osso.
La chiocciola.