Pagina:Oriani - Fino a Dogali.djvu/161

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Dio e l'Italia erano con lui, vecchio che guidava in carrozza i volontari della nuova generazione.

La monarchia battuta a Custoza e a Lissa impose tremando al solo vincitore d'Italia, che retrocedesse; e il vincitore superò le viltà dell'ordine colla sublime concisione della risposta: Obbedisco!

Quando Don Giovanni potè leggerla nei giornali pianse.

Garibaldi, come Cesare, aveva vinto sè stesso.

Ma fedele alla propria missione, Garibaldi ritentava nell'autunno susseguente l'impresa di Aspromonte, a ciò incuorato e impedito secretamente dal Rattazzi, che nell'audace profondità di una politica allora maledetta, e oggi ancora incompresa superava continuandole le più difficili e gloriose combinazioni del Cavour. Aspromonte era stata l'ode, Mentana fu il dramma. Papato ed impero francese vi perirono, mentre la monarchia italiana ne uscì moralmente diminuita. Garibaldi sconfitto per l'ultima volta vi si trasfigurò in eroe mondiale eccedendo nella sua lotta col papato le proporzioni di una battaglia italiana. Napoleone ripetè imperatore l'errore, al quale aveva troppo cooperato come membro della repubblica, rivelando nell'agonia dell'impero il secreto delle sue origini ed affrettandone la catastrofe fra l'odio della coscienza francese e il