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Pagina:Oriani - Il nemico, vol.2.djvu/269

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una nebbia, che ne intorbidasse la potente espressione; era caduto in una posa quasi elegante, come un gladiatore antico.

Quindi aperse gli occhi, che non sembravano più quelli. Il loro verde, diventato opaco, non aveva più fondo; si guardò attorno, tentando di raddrizzarsi faticosamente sopra una mano.

Un filo sottile di sangue gli usciva dal fianco, rompendosi come a goccie di coralli sul tappeto scuro.

Il principe lo contemplava, sempre coll’arma in pugno, senza che la sua faccia avesse cangiato. Allora la ragione di Loris si schiarì luminosamente, e l’opacità de’ suoi occhi s’aperse lasciando passare un raggio così vivo, che il principe non potè sostenerlo. Loris si guardò attorno. La testa smorta di Tatiana penzolava dalla spalliera della poltrona respirando a stento; una mano le toccava il tappeto. La mano era diventata rossa.

Fu l’ultima sensazione.

Poi il suo sguardo si riportò sul principe, fisso, coll’immobilità vampeggiante di un incendio lontano. Quell’uomo era la fine della sua vita, l’ultima realtà del mondo, dal quale stava per sparire.

Una malinconia ineffabile gli calò sulla fronte.

— L’uomo che salverà la Russia non amerà: mormorò fiocamente.


Nè Tatiana nè il principe avevano inteso.