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al fiore roseo.
Il giorno appresso,
quando i primi raggi
arrossavan l’oriente
si veste, si calza,
pone il piede nella staffa d’argento,
e, sul destriero coraggiosamente
salendo, si ferma
e, su tutto il seguito
girando gli occhi intorno,
noi portatori di ciambella scelse
noi dai baffi superbi,
montati su cavalli veloci come draghi
dalle teste come di leone,
dalle criniere lucide,
dagli zoccoli dipinti,
dalle nari, che, quando corrono,
gittan fiamme luminose.
Ma, dopo che ci ebbe scelto,
con ambasciata ci mandò
alla ricerca dell’amato fiore,
del fiore molto odoroso,
perchè lo portassimo a risplendere
alla corte imperiale.
Partimmo allora subito
per obbedire all’ordine da lui datoci,
ma non sapemmo venir difilato
per strade facili e conosciute,
ed abbiamo consultate le stelle
e siam venuti seguendone i raggi
attraverso monti e valli strette
costeggiando le colline
mangiando e bevendo insieme
con canti e allegria
e domandando per la via
dell’aia di lor signori
e così la stella desiderata
dal nostro Imperatore amata
qui di vista la perdemmo
e nascondersi vedemmo.
Dateci dunque quel fiore,
quella stella luminosa.
Insieme colla risposta
desideriamo da voi cortesia.
Non rispondete parole sgarbate
che potreste pentircene.
Noi non siamo gente leggiera
e non pariamo come al mulino,
ma portiamo l’ambasciata del fidanzato
ed eccone il decreto;

(Mostrano la borraccia del vino)