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chiță canti la sua bella e l’assimigli a un canarino (Tu ești puișor canar) che si nutre solo di zucchero, sia che „într’o grădină” vegga un fiore che non sa se cogliere o lasciare, perchè, nel primo caso, ha paura di guastarlo, nel secondo che lo colga un altro; sia che tenti chiuder nella cornice dorata del verso una sentenza morale, ch’è la maggior parte delle volte niente più che un semplice dettato del buon senso; io non riesco a vedere in tutto ciò alcun influsso italiano, mentre, per ciò che riguarda la poesia del giardino e del fiore, è chiara invece l’influenza d’una poesiola del Goethe. Ciò posto, sarà però da osservare:

1. che le poesie sicuramente di Ienăchiță Văcărescu son unicamente quelle ch’egli introduce come esempi in quella specie di rudimentale Arte poetica, che si trova a guisa d’Appendice in fine della sua Grammatica;

2. che parecchi di questi esempi appaiono composti manifestamente lì per lì, al solo scopo di mostrare la regola applicata, tant’è vero che l’autore non si scomoda neppure a cercare un argomento più o meno poetico, ma, senza uscire dal campo didattico e grammaticale, mette in versi delle pure e semplici definizioni;



    poesia greca. L’ordine delle rime è però il medesimo di quello così spesso usato dal Chiabrera (a5 a5 b7, c6 c5 b7):

    La violetta
    Ch’in su l’erbetta
    S’apre al mattin novella,
    Di’ non è cosa
    Tutta odorosa,
    Tutta leggiadra e bella?

    Il metro non è originale del Chiabrera; ad ogni modo è certo che la poesia neo-ellenica lo abbia derivato dalla letteratura italiana. Sull’influenza della poesia italiana su quella neo-ellenica e sull’introduzione della rima sconosciuta alla poesia popolare, cfr. Karl Dieterich, Geschichte der byzantinischen und neugriechischen Litteratur, Leipzig, 1902, cap. V: Die neugriechische Kunstpoesie des ausdruck des Volkscharakters, pp. 194 sgg. e 198 sgg., e, del medesimo, l’ottimo studio: Die osteuropäischen Literaturen in ihren Hauptsrömüngen vergleichend dargestellt, Tübingen, Mohr, 1911. Si vegga inoltre quanto A. Rizo-Rangabè scrive a pp. 117-18 del suo Précis d’une histoire de la littérature néo-hellénique, Berlin, 1877. — Sull’antica versificazione rumena poi e sulle sue relazioni colla versificazione e la metrica polacca e greca, cfr. N. J. Apostolescu, L’ancienne versification roumaine, Paris, Champion, 1909 utilissimo libretto che ho avuto già altre volte occasione di citare con la lode che merita.