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La traduzione è proprio il contrario d’una traduzione fedele. Tutto quanto c’è nella canzonetta del Metastasio di polito, di semplice, di elegante, di musicalmente perfetto, scompare nella traduzione, dove per giunta assai spesso il testo italiano è frainteso o non inteso affatto. Fra le più malconce, noteremo la seconda e la quinta strofe, che in rumeno riescono addirittura incomprensibili. Ma anche altrove incontriamo amplificazioni e zeppe e mutilazioni che ora ci fan pensare a civili costumi guerreschi d’arabi tripolini, ora (curioso contrasto!) al miracolo evangelico dei pani e dei pesci! La bella mano di Nice data al poeta in segno di pace presso la fontana medesima „dove avvampò di sdegno”, diventa una qualunque mano stesa in segno di pace, anzi come dono di pace. Quella bella mano, che, preposta al verbo

(Ma poi di pace in pegno
La bella man mi diè),


valeva un tesoro, anzi più di qualsiasi tesoro, perde nella traduzione rumena ogni pregio, anche quello della „bellezza”! Per contrario le amene piagge della 4-a strofe si moltiplicano miracolosamente in: văi, câmpuri, munți, grădini (valli, pianure, monti e giardini)1. E così di seguito, chè non è mia intenzione incrudelire contro il poeta rumeno, tanto più che anche questo suo tentativo di traduzione dall’italiano ci mostra (come gli altri da altre lingue) „con quante difficoltà avesse a lottare chiunque, a que’ tempi volesse arricchire la letteratura rumena, sia di scritti originali, sia di traduzioni dagli autori stranieri”2. Questa giusta considerazione che il Dragomirescu e l’Adamescu fanno a proposito della traduzione del Britannicus di Racine fatta dal Văcărescu intorno al 1827, può valere infatti benissimo anche per la traduzione dellla canzonetta metastasiana, se non che questa volta, accanto alla „tendenza decisa di dare alla lingua rumena i molteplici atteggiamenti e la svariata confor-



  1. Forse ricordando „la selva, il colle, il prato” d’una più celebre e più largamente nota canzonetta metastasiana (La Libertà), tradotta anch’essa, come vedremo di qui a poco, in rumeno da Grigore Alexandrescu.
  2. [„...cu câte greutăți aveau să lupte aceia care,în acea epocă voiau să îmbogățească literatura română fie prin producțiuni originale, fie prin traduceri de pe autorii străini”]. Cfr. Literatura româna moderna de Mihail Dragomirescu și Gheorghe Adamescu, ediția II, București, H. Steinberg, 1906, p. 109.