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per esortarlo a rientrar nel seno della Chiesa. Nell’agosto del 1597, Clemente gli scrive infatti una lunga lettera, in cui, dopo averne lodata la saldezza del carattere e lo zelo con cui s’era accinto „ad causam christianae Reipublicae propugnandam contra communem infestissimum hostem Turcam”; lo esorta caldamente, (ricordandogli l’ossequio prestato ai Pontefici romani da’ più antichi suoi predecessori), a voler tornare all’ovile commessogli da S. Pietro. Michele però che si aspettava dal Papa non delle vuote chiacchiere, ma un aiuto pecuniario per condurre a buon porto l’impresa con sì felici auspicii incominciata, dovè restar molto male, malgrado le lodi che il Pontefice gli faceva, quando dal legato Ettore Vorsi, latore del breve pontificio, apprese che quegli aiuti gli erano a mala pena promessi per il vegnente anno, e sempre a condizione ch’egli si fosse finalmente convertito. „Nel 1599”, scrive il Iorga1 „la corrispondenza colla Curia Romana continuava ancora ed il Papa raccomandava anzi a Michele, Monsignor Nunzio il Vescovo Germanico di San Severo, venuto a metter pace tra gli Austriaci e i Polacchi che si contendevano circa quegli anni il possesso dei principati rumeni.” Sul principio del’600, „il Principe di Valacchia” era di nuovo invitato a riconoscere il Querini come vescovo di Argeș, senza che però nella sua lettera il Papa si degnasse neppure di accennare alla conquista della Transilvania, da parte dell’eroico difensore della cristianità. Altre lettere infine di Clemente VIII tornano a battere sul chiodo della conversione di Michele, facendo dipendere da essa l’invio o pur no dei promessi aiuti pecuniarii; se non che poco dopo (1601) Michele moriva assassinato per ordine del generale Giorgio Basta (un avventuriero italo-albanese che comandava in Transilvania le milizie imperiali) ed al quale le vittorie del „pecoraio rumeno” com’egli era solito chiamar Michele il Bravo per dispregio, toglievano da un pezzo il sonno. „11 Basta”, c’informa il Iorga, „mandò a Roma per mezzo d’un milanese di casa Forzato, la nuova della morte del suo odiato rivale ed il Nunzio Spinelli non trovò a quell’annunzio neppure una parola di condanna per l’atto criminale”, di cui era rimasto vittima uno dei più eroici difensori della croce di Cristo! Ma non aveva forse Michele il

  1. Iorga, Breve Storia ecc., p. 110.