Pagina:Otello - La tempesta - Arminio e Dorotea, Maffei, 1869.djvu/313

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atto secondo. - sc.i. 299

                      sebastiano.
Parmi che si.

                       antonio.
                    Sorriderti non vedi
Questa bella fortuna?

                      sebastiano.
                               A me ricordi
Che così rigirato hai tuo fratello
Prospero.

                       antonio.
               Vero. E come ben le vesti
Più che pria mi si attaglino non miri?
Erano a me compagni i camerlenghi
Di mio fratello, ed or mi son vassalli.

                      sebastiano.
E la tua coscïenza?

                       antonio.
                           Ov’ha la casa,
Amico mio? Foss’ella un mal di gotta,
Col pie’ nelle pianelle andar dovrei;
Ma tal divinità nel cor non sento.
Se tra Milano e me dieci e poi dieci
Coscïenze venissero a frapporsi,
Potriano a grado lor farsi di ghiaccio,
Poi sciogliersi di novo anzi che darmi
La più lieve molestia. È qui disteso
Tuo fratel, non miglior di quella terra
Su cui giace dormendo. Oh qual rassembra
Morto egli fosse!... Or ben! Se di quest’arma,
Docile alla mia man, gli figgo in petto