Pagina:Otello - La tempesta - Arminio e Dorotea, Maffei, 1869.djvu/319

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atto secondo. - sc.ii. 305

Van baloccando, volentier darebbe
Per vederlo un quattrino. Un uom di peso
Quel mostro mi faria, perchè v’è l’uso
Di far d’ogni mirabile animale
Un uom di molta vaglia. Ad un mendico
Storpio un soldo non dan; ne danno in cambio
Dieci per la carogna inaridita
D’un indiano.... Oh come? i pie’ dell’uomo?
Braccia e non pinne?... e tepida la pelle?
Che la mia prima opinïon sen vada!
Le do pieno commiato. Un isolano
È costui, non è pesce. Al suol riverso
Il fulmine lo avrà... Ma s’avvicina
L’uragàn!... Che farò?...Giacchè ne’ pressi
Non veggo altra tettoja, è meglio, parmi,
Fin che passa il mal tempo, ch’io m’appiatti
Qui sotto al suo giubbon. Bizzarri sozj
Di letto, alcuna volta, il gran bisogno
Ne dà!

                       stefano.
          (entra cantando con un fiasco in mano)
«Via dal mare! via dal flutto!
   Vo’ morir qui sull’asciutto.»
                        (Beve.)
   Cantilena scipita, e degna al tutto
   D’un funeral.... Ma questo è il mio conforto!
                        (Canta.)
«Chi di noi, capitan, vicecòmito,
   Cannonier, mozzo ed io, quanti siamo,
   Non è d’Anna, o di Marta, o di Barbera,
   O di Lena, o di Brigida il damo?