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da corrientes alla frontiera 61

unicamente salvare allora il cacciatore. Ed è cacciatore ogni padrone di estancia.

Un certo signor Diaz, che vive sulla frontiera presso il Teuco, poco fa aveva ucciso il quattordicesimo tigre che appunto gli aveva fatto tal giuoco. Altro estanciero, certo signor Celestino Rodriguez, bel pezzo d’uomo, anziano, aveva il naso con profonda cicatrice d’una ferita dell’artiglio d’un tigre con cui s’era battuto testa a testa, a piedi. Bisognava vederlo quando rifaceva l’atto della pugnalata con cui aveva sbranato il ventre della fiera già ferita e allora ritta dinanzi a lui trattenuta in distanza dal suo braccio atletico già tutto straziato!

Un cuoio di tigre, ammazzato a poca distanza da me, misurava fresco nove palmi, ossia circa due metri dall’attaccatura della coda a quella del capo! Cebado, ossia già nutrito di carne umana, il tigre assalta spontaneo.

In verità, nè per ferocia, nè per grandezza e nè anche per bellezza di manto, il tigre del Ciacco non la cede a quello d’Africa!

Giungemmo presso una tolderia mattacca: era tanto il desiderio di vedere la vita domestica degli Indiani, che ci determinammo a fare a piedi la distanza che ce ne separava pel fiume. A una lega di cammino così, giungemmo dove un bosco costeggia la ripa a picco: lì, nel più aspro del transito, era aperto un sentiero, che ne condusse fino ai toldi con la guida di un Indiano.

Prima di arrivarvi, udivamo i colpi delle scuri che atterravano piante, e il gridio delle cine ossia delle loro donne, e dei ragazzi che cantavano e facevano il chiasso. V’assicuro che il nostro animo si trovava impressionato ai rumori d’una vita che ancora ignoravamo e che scaturivano di tramezzo a una «selva selvaggia ed aspra e forte». Noi eravamo cinque.

Al nostro sboccare nel mezzo a loro fu un tumulto generale; chi corse ad afferrare le armi, chi a nascondersi nelle