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76 parte prima

giano, ma il nostro cibo principale era il pesce. Tuttavia la poesia, che è l’anima degli spiantati e dei disgraziati, ci venne in soccorso.

In un andaluso, chiamato Don Felix, muratore, scoprimmo a bordo un musico di canto e di chitarra. Quasi tutte le notti, dunque, avevamo musica. La poesia del suo scarso repertorio, conteneva le due strofe seguenti, che mi ricordo ancora:

 Si una vez en el mundo adoraste
    y en el caliz de amor tu bebiste,
    ah! porqué compasion no tuviste
    de un amante al jurarte su fé!
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Me despierto y te busco á mi lado...
    no te encuentro y maldigo á mi suerte!...
    ah! mil veces prefiero la muerte
    al vivir separado de ti!

Le note toccanti, che per la prima volta agitavano l’aere di cotesti paraggi, la maestosa volta celeste or rischiarata da fulgida luce che simula il far del giorno, or tempestata di innumerevoli stelle che davvero sembra scintillino, facevano profonda impressione. Come la facevano l’immensità del campo che ne contornava e i giganteschi incendi appiccati dagli Indiani, di cui, ora si vedeva il chiarore come di luna piena all’estremità lontana dell’orizzonte, mentre si udiva lo scoppiare e il crepitare delle piante abbruciate da parere un fuoco di artiglieria, e si vedeva pure il guizzar delle fiamme e si sentiva il calore della vampa, e ci molestava il fumo e la pioggia delle pagliuzze carbonizzate spinte dal vento. Pareva proprio essere minacciati da inevitabile sventura. Questo mistero delle foreste nereggianti sul fondo già buio dei prati; solitudine, i pericoli, le incertezze, la distanza di luogo e di tempo dal consorzio dei cari... tutto destava nell’animo una profonda commozione e ne richiamava ai dolci e malinconici pensieri!