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Cal — 72 — Cam

ligrafia ha perduto il senso etimologico e vale press’a poco come scrittura.

Calomniez, calomniez; il en restera toujours quelque chose: motto fr. assai noto e variamente attribuito (Voltaire, Gesuiti). Beaumarchais nel suo Barbiéf di Siviglia (II, 8) lo riporta riferendolo ad autorità a lui anteriori. Bacone da Verulamio (De dignitate et argumento scientiarum VIII, 2, 34) scrive: Sicut enim dici solet de calumnia, Audaciter calumniare, semper aliquid haeret.

Calzaturificio: questa goffa e sesquipedale parola fu creata a Milano (1902) per indicare una gran fabbrica di scarpe. Certi neologismi deformi non sono senza significato nella fisiologia di un linguaggio e perciò questo dizionario li annota anche se locali ed effimeri.

Calzëder: e calcèdro dotta in italiano, è una curiosa parola romagnola e ravennate che attesta e ricorda l’antico dominio de’ greci bizantini (Esarcato). Indica il vaso di rame per attinger acqua, da calcos = rame e üdor = acqua.

Calzoni: sono l’indumento proprio dell’uomo. Talora, specie in Lombardia, le donne adoperano impropriamente la voce calzoni per mutande. Dicesi però in modo familiare e figurato portare i calzoni quando la donna la fa da uomo, ma non per opere assennate e buone, bensì per capriccioso comando e imperio sull’uomo.

Camàlo: voce dialettale genovese, estesa talora anche nella lingua letteraria. Indica il facchino che carica e scarica le merci dalle navi nel porto di Genova.

Camaraderie: parola francese per indicare quella dimestichezza, quell’intimità geniale, non profonda come richiede l’amicizia, che si contrae necessariamente tra camerati. Noi abbiamo camerata per compagno di studio, d’arme, di vita; ci manca l’astratto, ove non si voglia accettare cameratismo, parola registrata dall’Alberti.

Camarilla: diminutivo di camara = camera: vocabolo spagnuolo. Nel linguaggio politico si designò così l’influsso, vero o supposto, esercitato sui capi dello Stato dalle persone di camera, cioè addette alla persona del Sovrano; per cui la regolare amministrazione era impedita o corrotta. Si usò di questo vocabolo in Ispagna dopo il ritorno di Ferdinando VII (1814). Da allora la voce passò nel giornalismo francese e forse por quel tramite in Italia, dove ha perduto il senso storico-etimologico e null’altro vuol dire se non cricca, consorteria clientela e combriccola, vocaboli e cose che pur troppo non mancano in Italia dove la vita publica si svolge tradizionalmente e fatalmente tuttora per clientele, spegnendole migliori energie della Nazione. Le parole, camarilla spagnuola, e coterie francese, sarebbero in vero più che superflue.

Cambiamonete: «la parola usata fin da antico era cambiatore, ma non si deve credere che la nuova parola sia presa al solito dai francesi, perchè non dicono change-monnaie, ma solamente changeur, tale e quale il cambiatore de’ nostri vecchi. Che se in qualche cartello di cambiamonete si legge change-monnaie, questa è una traduzione francese che in Francia non si ammetterebbe». Così giustamente il Rigutini.

Cambrai: tela di lino molto chiara, così detta dalla città di Francia, Cambrai, o Cambray, l’antica Camaracum, ove si fabbricava in origine.

Cambré: aggettivo francese che udii talvolta per indicare una figurina che disegna le forme graziosamente, arcuata, come avviene di chi porta il petto innanzi sì che il dorso si incurva. Cambrè è da cambrer (basso latino camerare) cioè che forma vuoto o camera, quindi arco.

Cambriolage: voce del gergo francese, talora adoperata nel linguaggio giornalistico nostro per significare il furto con iscasso. Cambriolage deriva da cambriole, diminutivo di chambre = camera, onde cambrioleur, il ladro, lo svaligiatore di appartamenti.

Camelot: voce del gergo francese: indica il mercante girovago, il rivendugliuolo che fa commercio di mille piccole industrie. Il Darchini (Diz. Italiano-francese, Vallardi, 1902) traduce senza troppa fatica per cammellotto!!

Camera: il buon uso toscano (che pur vuol seguirsi senza le consuete esagerazioni della scuola detta manzoniana) dà a