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xii Alfredo Panzini


Ma ecco dopo tutte costoro, sopraggiungere un’altra innumerabile schiera di altre parole chiedenti ricovero ed asilo, e lo domandavano con più diritto delle altre: erano le parole e i modi nuovi, germinati e cresciuti in casa, sul ceppo italico, indizio della forza riproduttrice di questa mirabile favella nostra; erano le parole vernacole e dialettali le quali dicevano: «Ma se accogliete tante sorelle voci forastiere, perchè chiudete la porta a noi? Noi siamo la mirabile forza alimentatrice e conservatrice dell’italianità; siamo l’humus e l’umore profondo: chi in noi ben ricerca, ben trova i documenti dell’unità della favella; noi — più dei puristi — siamo gli umili e forti reagenti contro la barbarie; molte di noi potremmo arditamente

uscir del bosco e gir infra la gente

perchè abbiamo antico ed alto diploma di nobiltà, e se molte fra noi rozze e plebee siamo, rozze siamo come il diamante che l’arte dell’orafo non raffinò. Dall’umile vita del popolo, parte la gran forza onde le voci cittadine e letterarie sono alimentate e aumentate». Così dissero, e per queste buone ragioni dovetti accogliere molte voci dei vari dialetti, specialmente quelle o che più sono tipiche o tendono ad entrare nel parlare dell’uso1; e non mai (non mi gettino via il libro i puritani della scuola detta manzoniana) così mi persuasi della libera unità dell’italiano come in questo studio della varietà dialettale.

Con tanta gente in casa, cioè con tante parole in testa, io fui sul punto di perdere la medesima e, per mia salute, abbandonare l’impresa, tanto più che mi persuasi che un lavoro di tal genere non sarebbe mai, per sua insita natura, stato condotto a compiuto termine. Ma fui sostenuto nell’aspra via da quel misterioso fascino che esercita la ricerca di un fenomeno naturale (fiore, insetto, parola), dal piacere dell’addentrarmi per sentiero, quanto si voglia umile, ma non calcato da altrui piede: in questo caso l’erudizione e la ricerca dilettano al pari di un’opera d’arte e porgono da sole bastevole premio ed alimento alla volontà.

Mirabile, invero, è la vita che anima questi minuscoli organismi, cioè le parole, ombre seguaci, segni di idee e di cose: recano in sè uno spirito di vita, paiono nuove e sono antiche, risorgono come Fenice

  1. L’essere io, autore, da molto tempo in Milano, l’egemonia (quale essa sia) che questa città esercita su le altre città italiane, l’importanza storica e letteraria del dialetto milanese, spiegano o scusano una certa maggior parte, fatta alle voci di questo dialetto.